È stata una "Tosca" monumentale e cinematografica quella che ha aperto la stagione 2019/20 della Scala. Il regista Davide Livermore ha realizzato un allestimento che, pur restando fedele all'ambientazione originale (non siamo di fronte a una rilettura moderna: la vicenda è rappresentata come se avvenisse effettivamente nella Roma del 14 giugno 1800, il giorno della battaglia di Marengo, citata nei dialoghi), la spettacolarizza con scenografie mobili (la chiesa che si innalza nel primo atto, lasciando Scarpia su un livello "infernale" più basso), effetti speciali (i quadri semoventi, muti testimoni del delitto del secondo atto) e la presenza di molte comparse in vere e proprie scene di massa. D'altronde Livermore stesso ha commentato come Tosca abbia "una delle partiture più perfette [di Puccini], ai limiti dello storyboard cinematografico". Il risultato è stato davvero degno di una prima visione in tv o della trasmissione in diretta nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, e devo dire (pur non essendo un amante particolare di quest'opera, che chissà perché non mi ha mai conquistato come invece hanno fatto altri lavori di Puccini) che mi è piaciuto molto, perché non ha sacrificato i cantanti, né li ha costretti ad esibirsi mentre interagivano in modo contorto con la coreografia. Cantanti che peraltro sono sembrati decisamente all'altezza, sia dal punto di vista vocale che da quello delle interpretazioni (le espressioni dei volti ne veicolavano le passioni come attori consumati, calandoli magistralmente nei loro personaggi). Meritate le ovazioni per Anna Netrebko (ormai la prima donna ufficiale del teatro milanese), per il tenore Francesco Meli (un Cavaradossi eroico e stoico) e il baritono Luca Salsi (uno Scarpia perfido e di grande personalità). Ottimi pure i comprimari, su tutti un grande Alfonso Antoniozzi (il sacrestano). La direzione di Chailly, che ha scelto di rifarsi alla stesura originale dell'opera, prima dei successivi rimaneggiamenti del compositore (ma non ci sono poi enormi differenze) è stata efficace ed enfatica. Da brividi, in particolare, l'esecuzione del pezzo forte dell'opera, "E lucevan le stelle" nel terzo atto. Terzo atto che ha forse le uniche due cose non brutte, ma da elaborare: un Castel Sant'Angelo che ricorda la Torre di Cirith Ungol, e una Tosca che nel finale, invece di gettarsi giù, viene "assunta in cielo". Qualche dubbio anche sui costumi di Tosca, un po' kitsch (niente da dire su quelli degli altri). Molti gli applausi finali.
domenica 8 dicembre 2019
Tosca (La Scala 2019)
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