giovedì 27 ottobre 2011

Misura per misura

Ieri ho assistito al Piccolo di Milano (ma la produzione era del Teatro Stabile di Genova) a una rappresentazione di "Misura per misura". Considerata, insieme con "Tutto e bene quel che finisce bene" e "Troilo e Cressida", una delle tre ‘opere problematiche’ (problem plays) di William Shakespeare per la difficoltà nel caratterizzarne il genere (presenta infatti personaggi ed elementi tipici della commedia, ma anche temi e situazioni ben più complessi e tragici, al punto che basta davvero poco – nelle scelte di regia, di recitazione o di allestimento – per spostare gli equilibri e darne una connotazione oscura o inquietante), racconta una vicenda che, come capita spesso con il Grande Bardo, risulta ancora di incredibile attualità (gli argomenti sono quelli dell’abuso di potere e del rispetto della legge). Ogni volta che mi avvicino a un’opera di Shakespeare, infatti, mi stupisco della sua modernità: non a caso i suoi lavori vengono rappresentati con tanta frequenza e si prestano quasi naturalmente a essere ambientati in ogni epoca o in ogni parte del mondo (come hanno dimostrato le numerose trasposizioni cinematografiche da parte di grandi registi come Kurosawa, Welles, Polanski, Branagh, per citarne solo qualcuno, che ne hanno talvolta spostato il setting senza mai danneggiare la potenza dei contenuti). Dello spettacolo che ho visto ieri (la regia era di Marco Sciaccaluga, le scene di Jean-Marc Stehlé e Catherine Rankl, gli interpreti principali Eros Pagni, Alice Arcuri e Roberto Alinghieri) mi sono piaciute molte cose: le scenografie, che come nella tradizione del Piccolo erano semplici e minimaliste ma di grande efficacia (una struttura lignea, con scale e piattaforme, divisa in moduli che ruotavano e si ricombinavano a seconda delle esigenze per dare vita di volta in volta a conventi, bordelli, prigioni o palazzi ducali); i leggeri tocchi di modernità (negli abiti, negli oggetti), abbastanza limitati da non dare fastidio ma sufficenti a sottolineare come la vicenda potrebbe anche svolgersi al giorno d’oggi; gli inserti musicali e le luci; le interpretazioni disinvolte e naturali (non pochi sono i personaggi di contorno comici e sgrammaticati, tipicamente shakesperiani); e naturalmente la dinamicissima vicenda congegnata dall’autore, che non risparmia attacchi – diretti o indiretti, sarcastici o affettuosi – a tutte le parti in gioco: che si tratti di personaggi severi o clementi, giusti o ipocriti, puri o licenziosi, sinceri o menzogneri.

martedì 11 ottobre 2011

Shanghai Devil 1

Fa una certa impressione leggere, a pochi giorni dalla sua scomparsa, un'introduzione scritta da Sergio Bonelli per il primo numero di una nuova collana. Quello che è forse stato il più grande editore italiano di fumetti di sempre è morto il 26 settembre, mentre questo albo introduttivo di "Shanghai Devil" è uscito nelle edicole l'8 ottobre: ci sarebbe stato tutto il tempo per sostituire le righe già stese dall'editore con un comunicato che ne annunciasse la scomparsa, identico a quelli che senza dubbio verranno ospitati nei prossimi giorni sulle seconde di copertina degli altri albi della casa editrice. Ma probabilmente è stato meglio così: gli omaggi funebri possono attendere, mentre sarebbe stato ingiusto privare questa nuova collana della consueta presentazione di un editore che, conoscendo la sua passione per l'avventura vecchio stile, ne avrà sicuramente caldeggiato la nascita con particolare favore. Si tratta di una miniserie in diciotto capitoli, con la quale lo sceneggiatore Gianfranco Manfredi torna a collocare una vicenda in un setting storico, offrendo ai lettori un seguito della precedente "Volto Nascosto". Se quella serie si svolgeva in Etiopia e a Roma ai tempi della prima guerra coloniale italiana (ovvero alla fine dell'ottocento), questa invece si colloca in Cina durante la cosiddetta rivolta dei boxer. Il protagonista è lo stesso, il giovane Ugo Pastore, che dopo le esperienze precedenti ha deciso di seguire il consiglio del padre, agente di una compagnia commerciale, e di trasferirsi con lui in estremo oriente per aiutarlo a curare i suoi interessi. Come nella precedente serie, lo scenario storico-politico fa da sfondo a una vicenda piena di intrighi e di misteri che coinvolgono personaggi dall'identità celata: al posto di Volto Nascosto (la cui maschera è ora indossata da Ugo) c'è Tai Mien, misterioso guerriero che si batte contro l'occupazione straniera della Cina. È presto per dire se la vicenda, che nel primo albo sembra presentare un po' troppi punti in comune con la miniserie precedente (in sostanza cambia solo l'ambientazione), si dipanerà in modo differente. Resta il fatto che, almeno dal punto di vista dei testi, gli albi scritti da Manfredi continuano a essere fra quelli più documentati e curati nell'attuale produzione Bonelli.