giovedì 22 novembre 2007

Mythèon, episodio 2

È online su www.mazzate.com il secondo episodio di Mythèon, la saga a fumetti da me realizzata circa vent'anni fa. Si tratta probabilmente del più debole fra i dieci capitoli che compongono la storia, visto che fa avanzare la vicenda di ben poco (stavo ancora mettendo a punto tutti i dettagli della trama), in attesa del terzo episodio con il quale si chiude il "miniciclo" introduttivo. Seguiranno poi quattro capitoli centrali più ricchi di azione e tre capitoli conclusivi con la soluzione di tutti i misteri. Da notare un maldestro tentativo di uso di retino a pagina 5 e, soprattutto, la presenza di un'altra mano nelle due vignette conclusive di pagina 8: si tratta di Matt, che illustrerà poi interamente il settimo capitolo e metà dell'ottavo.

venerdì 16 novembre 2007

Nemrod 1

Seguo e conosco (anche personalmente) Fabio Celoni da parecchi anni, sin da quando disegnava le storie di Topolino e Paperino più "gommose" che mente umana potesse concepire. Il trasferimento alla Bonelli, su Dylan Dog, ha poi dimostrato come fosse capace di lavorare anche con uno stile realistico, debitore soprattutto nei confronti di Alberto Breccia. Con questo primo albo di Nemrod, una miniserie di dodici numeri edita dalla Star Comics, ha la possibilità di uscire dalla tipica struttura della tavola bonelliana e di realizzare qualcosa che guarda molto più da vicino ai comics americani (ci sono echi persino di Frank Miller). Proprio i disegni sono la cosa migliore dell'albo: scuri, sporchi, graffianti, avvolgenti, riempiono le tavole di dettagli senza lasciare uno sfondo o uno spazio bianco, e si rivelano perfettamente in grado di caratterizzare personaggi e ambienti diversissimi fra loro, compresa una Milano oscura e gotica. Il soggetto, dal canto suo, si limita a introdurre i protagonisti di una vicenda a base di misteri esoterici, rituali e profezie, templari e alchimisti, stregonerie e combattimenti, che gli albi successivi (non disegnati da Fabio) avranno il compito di approfondire.

giovedì 15 novembre 2007

L'isola di Manhattan

Uno dei protagonisti del film "Sunshine" di Danny Boyle, per descrivere le dimensioni della bomba che i personaggi stanno trasportando sulla loro astronave, afferma: "È grande come l'isola di Manhattan". A parte l'assurdità della cosa (sia il buon senso, sia le scene successive del film dimostrano che non è così grande), non è la prima volta che in una pellicola americana sento utilizzare la suddetta isola come unità di misura. È vero che anche noi italiani a volte usiamo l'Isola d'Elba o la Sardegna come termine di paragone, ma solo riferendoci ad altre entità o territori geografici ("Un iceberg grande come l'Isola d'Elba", "Una regione grande come la Sardegna"). Mah! Possibile che non ci fosse un'alternativa da usare nell'adattamento italiano?

Ercole sposta l'isola di Manhattan
(da "Marvel Team-Up" #28, dicembre 1974)

sabato 10 novembre 2007

Mythèon, episodio 1

Si potrebbe pensare che vent'anni costituiscano un periodo di tempo sufficientemente lungo per cancellare dalla faccia della terra le tracce degli errori commessi in passato. Non sempre è così, però, se si ha una sorella che insiste per voler pubblicare sul proprio sito i dieci capitoli di una saga a fumetti da me realizzata appunto nel 1987, durante le lunghe e pesanti ore di lezione sui banchi di scuola. Se avete il gusto per l'orrido e non vi dà fastidio dover aspettare fra un capitolo e l'altro, ecco online la prima parte di "Mythèon", una storia in 124 pagine che – ve lo prometto – migliorerà gradualmente episodio dopo episodio, soprattutto grazie all'intervento alla parte grafica di due disegnatori molto più bravi di me.

venerdì 9 novembre 2007

L'eresia della scienza

Sto leggendo un saggio intitolato "L'eresia della scienza". L'autore, Alan Cromer, un insegnante di fisica teorica scomparso un paio di anni fa, sostiene che la scienza – a differenza per esempio dell'arte o della religione – non sia una parte naturale dello sviluppo dell'umanità né tantomeno un suo elemento indispensabile o fondamentale. Di più: il pensiero scientifico, descritto da Cromer come il tentativo di descrivere analiticamente il mondo che ci circonda, spiegandolo cioè oggettivamente (in contrapposizione con il pensiero associativo e la soggettività tipica dei bambini e delle culture più primitive) andrebbe addirittura contro l'inclinazione naturale dell'uomo e sarebbe sorto soltanto una volta in tutta la storia dell'umanità, nella Grecia classica, grazie a fattori storici unici. Sarebbe poi sopravvissuto per merito di Alessandro Magno che l'ha diffuso fino in oriente: mentre la "fiamma" del pensiero scientifico-oggettivo sarebbe rimasta accesa ad Alessandria prima e nel mondo arabo poi, in Europa essa sarebbe stata spazzata via dalla cultura cristiano-giudaica, caratterizzata da una mentalità soggettiva e dal fascino per il soprannaturale, per poi essere reintrodotta in Occidente soltanto con il rinascimento. Cromer analizza queste due culture (quella greca e quella ebraica) paragonandone i loro testi fondamentali: le opere di Omero (caratterizzate dalla discussione, dall'argomentazione, dai molteplici punti di vista, dalla curiosità, da divinità "umane") e la Bibbia (caratterizzata dalle profezie, dall'imposizione di una verità da non mettere mai in dubbio, dalla mancanza di analisi e razionalità).

Il pensiero scientifico, secondo Cromer, non è innato nell'uomo ma va dunque appreso: non nasce mai spontaneamente ma deve essere coltivato con un'educazione formale. Avrebbe potuto anche potuto non svilupparsi affatto, come infatti è accaduto nelle grandi civiltà della Cina, dell'India o dell'America precolombiana. L'uomo, per sua natura, tenderebbe semmai all'irrazionalità, alla superstizione, all'animismo ("l'attribuzione di aspetti del sé a oggetti ed eventi"), approcci questi sì presenti in ogni cultura, dalle più semplici a quelle moderne. Lo dimostrerebbe anche l'enorme numero di persone che ancora oggi, nelle nostre civiltà tecnologiche, sono superstiziose, credono nell'astrologia o si affidano a pratiche mediche non scientifiche (dall'omeopatia alla psicanalisi, dalla parapsicologia alla cura Di Bella), per non parlare di cartomanti o dispensatori di numeri del lotto. Cromer ha ravvisato questo comportamento persino tra i suoi studenti, che in teoria dovrebbero essere ben consci di cosa sia scientifico e cosa no. Addirittura spesso le verità scientifiche sembrano andare contro il senso comune (persino il funzionamento della forza di gravità, con cui gli uomini hanno avuto a che fare da sempre in prima persona, non è stato compreso pienamente fino ai tempi di Galileo) e talvolta non c'è modo di convincere gli scettici, nemmeno dati alla mano. L'uomo preferisce per sua natura credere alla propria verità interiore e soggettiva, mentre trova difficoltà nel superare la barriera dell'egocentrismo (in senso piagetiano: la confusione fra ciò che fa parte di noi e ciò che ci circonda) e affidarsi all'osservazione oggettiva del mondo esterno. La scienza è "eretica" rispetto alla natura "ortodossa" dell'uomo.

Il libro è stato pubblicato in una collana diretta da Giulio Giorello, che nell'introduzione esordisce citando (con tanto di vignette) una storia di Topolino! Fra i capitoli più affascinanti, ci sono quelli che ripercorrono l'origine delle diverse culture umane, l'origine delle religioni monoteiste e la loro incompatibilità con "l'indagine in modo aperto e indipendente sulle cose". L'autore cerca anche di definire cosa sia la scienza, e perché molte discipline pseudoscientifiche non lo sono, dando un'importanza fondamentale al sistema del peer review e della ricerca del consenso all'interno della comunità scientifica. Gli scienziati, afferma, non sono alchimisti che lavorano da soli e in segreto, ma devono costantemente confrontarsi con i propri colleghi.

Ecco alcuni passaggi più o meno curiosi (alcuni decisamente divertenti, all'interno di un testo comunque serio) che ho voluto annotarmi:

-"Ogni qual volta comincio le lezioni in una classe di nuovi allievi, devo constatare che la mente umana non è stata concepita per studiare la fisica".
-"Sebbene io sia un fisico teorico, ho imparato dai miei colleghi che si occupano di fisica sperimentale che è molto semplice costruire un doppio pendolo: basta chiedere al nostro tecnico Dick Ahlquist di farne uno".
-"Tutti i capi spirituali che sono vissuti presso popolazioni che conoscevano la scrittura – Mosè, il Buddha, Gesù, Maometto, Smith – hanno basato i loro insegnamenti su visioni personali che essi ritenevano di origine soprannaturale".
-"Tutti i bambini sono animisti, e l'animismo continua per tutta la vita, a meno che venga saldamente controllato da una guida culturale contraria".
-"Gli esseri umani, dopo tutto, amano credere agli spiriti e agli dei. La scienza, che chiede loro di vedere le cose per come sono e non per come essi credono che siano, mina una delle passioni primarie dell'uomo".