venerdì 8 dicembre 2023

Don Carlo (La Scala 2023)



La stagione 2023-24 della Scala si è aperta con il "Don Carlo", opera della maturità di Verdi, nella versione "milanese" in italiano e in quattro atti (mancante del primo atto e dei balletti rispetto a quella originariamente scritta in francese per l'Opéra di Parigi). Si tratta di un'opera lunga, profonda e complessa, ispirata a un dramma di Schiller e che intreccia molteplici temi: passionali (l'amore di Carlo, infante di Spagna, per Elisabetta di Valois, moglie di suo padre Filippo II), religiosi (il contrasto fra la cattolica Spagna e le protestanti Fiandre, l'influenza dell'inquisizione sulle questioni di stato) e politici (il tentativo di Rodrigo, marchese di Posa, di intercedere presso il re in favore dei fiamminghi oppressi). Dal punto di vista musicale, sinceramente, mi sono un po' annoiato: in quattro ore sono stati molto pochi i momenti che ho trovato memorabili, forse anche perché era la prima volta che ascoltavo l'opera (conoscevo soltanto un paio di passaggi, come l'aria "Ella giammai m'amò" di Filippo all'inizio del terzo atto) e mi è parsa pesante e monocorde. Ho apprezzato comunque un paio di duetti e scene d'insieme. Poco ispirato ma impeccabile il direttore Riccardo Chailly. Ottimi i cantanti, come al solito: Michele Pertusi (leggermente indisposto) era Filippo II, Francesco Meli era Don Carlo, Anna Netrebko era Elisabetta, Jongmin Park il frate e l'inquisitore. Ma quelli che ho apprezzato soprattutto sono stati Elina Garanča (la principessa Eboli) e Luca Salsi (Rodrigo). Regia (di Lluis Pasqual), costumi e scenografie sono stati più minimalisti e meno spettacolari rispetto alle "prime" del recente passato, riproducendo più o meno fedelmente l'atmosfera cupa del seicento e puntando quasi esclusivamente su tonalità di bianco e di nero (abiti neri con gorgiere bianche, come nei dipinti di Van Dyck o Rubens), con poche eccezioni (gli abiti dorati dei sovrani nel secondo atto, il manto rosso del grande inquisitore).


2 commenti:

Marisa ha detto...

Sicuramente quella che merita maggior plauso, pur nella riconosciuta bravura di tutti gli interpreti, è Elina Garanca nella parte della principessa di Eboli che non solo nella famosa canzone del saracino ha dato prova di grande duttilità, ma ha impresso a tutto il personaggio una forte personalità andando ben oltre l'antipatia che in genere suscita, attivando note di dolore autentico e di riscatto. Per il resto sono contenta di una esecuzione rispettosa della tradizione alleggerita e snellita da eccessivi barocchismi.
Rimane il fatto che sposare la versione di un Don Carlos eroe così idealizzato a partire da Shiller mi disturba sempre un pò se penso allo psicopatico che era, ma queste sono le libertà che l'arte si può permettere...

Marisa ha detto...

Vorrei ancora sottolineare come in quest'opera si ritrovano i due temi cari a Verdi e spesso ricorrenti in tante sue opere: il conflitto padre-figlio e il tema della libertà, quell'anelito a liberarsi del giogo della dominazione straniera che ha fatto di Verdi il campione del risorgimento italiano. I due temi qui si incrociano in un conflitto particolarmente violento anche perchè alimentato oltre che dalla rivalità amorosa dalla ferocia intransigente del Grande Inquisitore.