giovedì 30 aprile 2020

Ancora sulla nuova traduzione del Signore degli Anelli

Qualche mese fa avevo già detto la mia sulla nuova traduzione del "Signore degli Anelli", spiegando come la trovavo esteticamente brutta rispetto alla precedente, anche senza considerare l'effetto nostalgia o la coerenza con gli adattamenti cinematografici. Vorrei tornare sull'argomento, perché nel frattempo è accaduto qualcosa di nuovo: la casa editrice Bompiani ha ritirato dal commercio la vecchia traduzione, che non verrà più ristampata e sarà dunque completamente rimpiazzata dalla nuova (in un primo momento sembrava che le due versioni avrebbero potuto coesistere, lasciando al lettore libertà di scelta). Mi sembra un'operazione simile a quelle compiute dalle case cinematografiche che commissionano ridoppiaggi di vecchi film o li rieditano con alterazioni digitali (George Lucas, anyone?), togliendo al contempo le vecchie edizioni dal mercato in modo da renderle progressivamente irreperibili. E al netto dei vari retroscena e delle diatribe dietro le quinte, mi pare la conferma di ciò che pensavo da tempo: la scelta di commissionare una nuova traduzione del romanzo di Tolkien non era dovuta a motivi artistici, e men che meno al desiderio di correggere gli "errori" della vecchia versione, come vedremo, ma a ragioni puramente commerciali. Evidentemente la casa editrice non voleva più pagare i diritti della vecchia traduzione (ricordiamo che la Bompiani la "ereditò" dalla Rusconi), scaduti a fine 2018, e ha preferito commissionarne una nuova, che fosse di sua "proprietà".



Cito un aneddoto personale. Anni fa fui incaricato di tradurre in italiano un gioco di carte collezionabili ispirato a un celebre romanzo. Il committente mi chiese esplicitamente di rendere tutte le frasi di tale romanzo, citate nelle carte, in maniera diversa rispetto all'edizione già pubblicata in Italia, proprio perché i diritti del gioco non comprendevano anche quelli della traduzione italiana in commercio. Fui costretto così ad alterare "a forza" ogni frase, ogni passaggio, ogni nome rispetto alla traduzione già esistente, ricorrendo a volte anche a soluzioni infelici. In quest'ottica mi sembra che si possa spiegare perché il nuovo traduttore Ottavio Fatica si sia premurato di cambiare ogni cosa (dai nomi dei personaggi e dei luoghi alle poesie, dai registri linguistici fino ai titoli stessi dei capitoli: già il primo, per esempio, "Una festa a lungo attesa", diventa "Una festa attesa a lungo"): era la missione che gli era stata affidata per evitare contenziosi legali. Alla luce di questo, risulta ancora più pretestuosa l'arroganza con cui lo stesso Fatica ha bollato la vecchia traduzione di Vicky Alliata, accusandola in pubblico di contenere "cinquecento errori a pagina". Tacendo, invece, sui reali motivi!



Benché la traduzione classica non fosse certo perfetta e avesse i suoi bravi difetti (anche perché era il frutto, ricordiamolo, di rimaneggiamenti da parte di Quirino Principe: in gran parte migliorativi, è vero, ma che in alcuni punti portavano a una mancanza di coerenza interna, per esempio nei cognomi dei quattro hobbit protagonisti che non erano stati "tradotti" o italianizzati come invece quelli degli hobbit minori: Serracinta, Bolgeri, Tronfipiede, ecc.), quella nuova non solo non "suona" migliore, anzi è spesso sgradevole, ma a sua volta non è esente da un'assoluta mancanza di coerenza interna. Guardiamo per esempio proprio i nomi e i cognomi degli hobbit: in alcuni casi Fatica li "italianizza", come Samplicio e Brandaino al posto di Samwise e Brandybuck, mentre in altri li riporta alla grafia inglese, come Pippin e Took per Pipino e Tuc. Il motivo è chiaro: cambiare il più possibile, cambiare ogni cosa. In meglio o (spesso) in peggio, non importa. Che invece ci si volesse programmaticamente staccare dalla traduzione precedente per motivi "politici" o ideologici (vedi anche l'endorsement di Wu Ming 4) non vorrei nemmeno pensarlo, tanto mi sembrerebbe uno scenario al limite del ridicolo.



Tornando nel merito, ho trovato su un blog un'interessante serie di articoli (qui la prima parte, qui la seconda e qui la terza) che analizzano la nuova traduzione da un punto di vista puramente linguistico. Sono molto circostanziati e affrontano vari aspetti legati ai registri e alla terminologia (anche se ovviamente quanto ipotizzato sulle reali esigenze della nuova traduzione rende superflue molte considerazioni). Un'altra bella recensione è questa su Youtube. Concludo raccomandando a chi possiede le vecchie versioni di tenersele strette, e a coloro che malauguratamente non avessero ancora letto Tolkien, e volessero farlo, di recuperarle sul mercato dell'usato o in altri modi (in formato elettronico, per esempio).

2 commenti:

Guchi chan ha detto...

Ciao, me le terrò strette certamente ^___^

Christian ha detto...

E fai bene! :)
E chissà che un giorno, quando l'opera cadrà nel pubblico dominio, qualche altro editore non comincerà a riproporre la vecchia traduzione.