In seguito alle numerose proteste da parte del pubblico sulla scarsa qualità dell'adattamento, Netflix ha annunciato di aver ritirato la nuova traduzione italiana della serie animata giapponese “Neon Genesis Evangelion”, che per ora resterà disponibile sulla piattaforma televisiva on demand soltanto nella versione originale con sottotitoli.
Per motivi di diritti, Netflix non aveva potuto usare il doppiaggio storico e ne aveva dunque commissionato uno nuovo di zecca: purtroppo, a occuparsi del nuovo adattamento è stato Gualtiero Cannarsi, già tristemente noto per l'inqualificabile lavoro effettuato sui film dello Studio Ghibli. Convinto che una traduzione debba essere il più letterale possibile (a costo di mantenere la struttura formale e la sintassi della lingua di partenza, inventandosi parole che in italiano non esistono o ripescandone di astruse e desuete), insomma proprio il contrario di quello che dovrebbe fare un buon adattatore (cioè risultare "invisibile" allo spettatore o al fruitore finale, che in teoria non dovrebbe nemmeno accorgersi di assistere a un adattamento), Cannarsi ha rovinato tanti ottimi film e serie animate.
Prima o poi doveva capitare. Fan di anime improvvisatosi traduttore e adattatore (fu “raccomandato” alla casa distributrice Lucky Red da una cinquantina di suoi amici e colleghi di forum, all'epoca dell'uscita del film di Hayao Miyazaki “Il castello errante di Howl"), Cannarsi ha giocato troppo con il fuoco e si è scottato. Finché si occupava soltanto dei film dello Studio Ghibli, capolavori assoluti del cinema di animazione ma in fondo pur sempre prodotti di nicchia, i risultati del suo “lavoro” erano rimasti confinati presso un'isola felice dove in pochi si rendevano conto che il linguaggio desueto e astruso dei lungometraggi da lui adattati era il frutto non delle intenzioni originali degli autori, ma di una scelta impazzita dell'adattatore. Che un padre, trovando la figlia in biblioteca, esclamasse “Quale rarità!” anziché un più naturale “Che strano!”, lasciava lo spettatore con l'impressione che il registro dei dialoghi non fosse proprio coerente, ma poi se ne dimenticava. Che al posto di “Grazie mille” tutti dicessero sempre “La ringrazio infinitamente” poteva sembrare persino una nota di colore. E pazienza anche se ogni tanto si udivano frasi come “Il predisporre l'invio dell'indomani si è protratto”, o “A stare a divertirvi da queste parti finirete per farvi rapire in compagnia”: magari i giapponesi, avrà pensato lo spettatore, parlano davvero così. A vedere questi film al cinema, o a comprarne i DVD, sono poche decine di migliaia di persone, quando va bene. (Per chi voglia approfondire, all'indecente operato del Cannarsi riguardo ai film Ghibli sono dedicate intere pagine Facebook, come questa e questa. Ogni protesta rivolta alla Lucky Red è sempre caduta nel vuoto).
Ma ora la musica è cambiata. Lavorare per Netflix significava rivolgersi a una platea, quella della tv on demand, molto più ampia rispetto a quella delle sale cinematografiche. E questi spettatori non hanno affatto gradito il linguaggio astruso, le convoluzioni, le ripetizioni o la fuga dai sinonimi che caratterizzano la nuova edizione di una serie di culto. Ecco alcuni esempi di frasi che Cannarsi fa pronunciare ai suoi personaggi (oltre a quella nel video in apertura di questo post): “Ci è giunto comunicato che hanno già completato di prendere rifugio”, “Nessuna recalcitranza!”, “S’è fatta guerra in modo talmente vistoso che era dentro la città”. L'ondata di protesta è stata tanto forte e ad ampio raggio da raggiungere prima i media generalisti (dove persino il direttore del doppiaggio, il veterano Fabrizio Mazzotta, ha preso le distanze dal suo "collega") e poi da costringere la piattaforma alla scelta radicale di ritirare il doppiaggio italiano, con la promessa prima o poi di rifarlo ex novo.
Uno smacco per Cannarsi, una disfatta per la sua scuola di pensiero e probabilmente un episodio che limiterà (per fortuna) la sua carriera futura. Certo, all'episodio avrà contribuito il fatto che molti spettatori ricordavano la vecchia traduzione italiana della serie (alla quale, per ironia della sorte, aveva collaborato lo stesso Cannarsi: che diciannove anni fa era forse troppo giovane e privo di “autorità” per imporre le proprie idiosincrasie al direttore del doppiaggio), e scoprire che un prodotto che avevano amato in passato è stato stravolto in questo modo indegno non ha fatto certo piacere.
Da dove nasce l'errore di Cannarsi? Dalla convinzione che un traduttore debba rispettare alla lettera (nei contenuti ma anche nella forma, appunto) il testo originale, quando invece quello che va mantenuto è il senso di ciò che si voleva comunicare, adattando tutto il resto secondo i contesti, i registri e le regole della lingua di arrivo, anche tenendo conto delle differenze culturali del pubblico di riferimento. Pubblico che invece il Cannarsi non sembra avere in grande considerazione, se è vero che ha affermato: “Il mio ideale referente è il testo originale, non il pubblico”. Una dichiarazione che sarebbe anche interessante, e potrebbe portare a riflessioni costruttive (la fruibilità di un'opera è più importante dell'opera stessa?) se non nascondesse in realtà un approccio sbagliato alla questione.
La forma mentis di Cannarsi è probabilmente il frutto delle frustrazioni che tutti gli appassionati di anime hanno dovuto subire negli anni ottanta e nei primi anni novanta, quando gli adattamenti delle serie giapponesi (soprattutto quelle trasmesse sui canali Mediaset) soffrivano del problema opposto: un'assoluta mancanza di fedeltà all'originale, al punto da eliminare persino ogni riferimento alla loro origine nipponica (i nomi dei personaggi diventavano Johnny, Sabrina e Tinetta, le scene più "adulte" o complesse venivano tagliate, e lo stesso capitava a quelle in cui – non sia mai! – comparivano sullo schermo degli ideogrammi o qualsivoglia elemento che indicasse che la storia si svolgesse in Giappone). Per questo, arrivato sul ponte di comando, Cannarsi ha deciso di passare all'altro estremo, traducendo alla lettera ogni termine, ogni forma colloquiale, ogni riferimento culturale, infischiandosene del risultato farraginoso che impedisce a uno spettatore di fruire dell'opera in maniera naturale, impegnato com'è a interrogarsi ogni secondo su che cosa abbiano detto i personaggi, di fatto "uscendo" continuamente dalla storia che sta guardando.
Insomma: Gualtiero Cannarsi rappresenta tutto ciò che un buon traduttore o adattatore non deve essere. E finalmente il suo lavoro ha ricevuto una ricusazione ufficiale. Certo, sarebbe bello se anche la Lucky Red ammettesse una buona volta il suo errore e cominciasse a pensare a una riedizione, con nuovo adattamento e doppiaggio, dei tanti bellissimi film di Miyazaki e compagni finora rovinati e resi ostici perché tradotti in una "neolingua" che non è italiano. Per ora non sembra avere l'intenzione di farlo, ma chissà che in futuro non veda la luce.
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