Con l'albo 122, in edicola in questi giorni, si conclude la serie regolare di Rat-Man, uno dei personaggi più significativi e più amati del fumetto italiano degli ultimi trent'anni. Ed è interessante lanciare uno sguardo indietro, per riflettere sulle sue origini e su quello che, nel corso degli anni, è diventato. Nato nel 1989 come semplice parodia usa-e-getta di Batman (era appena uscito il film di Tim Burton), di cui scimmiottava persino il nome, Rat-Man è passato dalle fanzine autoprodotte alla pubblicazione professionale, conquistandosi mese dopo mese un seguito sempre maggiore e un fenomenale successo di pubblico e di critica: inizialmente per merito della comicità infusa a piene mani dal suo creatore, Leo Ortolani, e delle irresistibili prese in giro del mondo dei supereroi; in seguito, però, anche per una sempre più complessa e matura riflessione sui temi dell'esistenza, dell'identità e dell'amore.
Rat-Man si è infatti progressivamente allontanato dalle sue origini puramente comiche e parodistiche (senza mai rinnegarle del tutto, sia chiaro) per guadagnarsi un suo spazio personale e diventare qualcosa d'altro, al punto che pochi dei suoi lettori – forse solo quelli che lo hanno seguito sin dagli inizi – si ricordano ancora da dove è partito. Non che le sue storie abbiano mai messo da parte l'umorismo (spesso irriverente o politicamente scorretto, quasi sempre geniale e spiazzante nella sua semplicità): semplicemente questo è diventato il sale di una pietanza fatta di sofferenza e coming-of-age, una lunga saga generazionale su temi quali l'autodeterminazione, la responsabilità, la colpa e la redenzione. Se la sfrondiamo dalle battute, la storia di Rat-Man è quanto di più drammatico, maturo e complesso il fumetto italiano popolare cosiddetto "umoristico" abbia sfornato da molti anni a questa parte. Un vero capolavoro.
Nel nascere come parodia senza troppe pretese e nel conquistare progressivamente una propria identità, finendo col sopravvivere al materiale di partenza, Rat-Man ha parecchio in comune con un altro personaggio del fumetto indipendente, in questo caso americano: il "Cerebus" del canadese Dave Sim. Nato nel 1977, Cerebus (un oritteropo antropomorfo!) era inizialmente una presa in giro di Conan il barbaro, che ai tempi furoreggiava negli albi Marvel disegnati da Barry Windsor-Smith (al cui stile, originariamente, Sim si ispira). Autoprodotto dall'autore, proprio come Rat-Man, nell'arco di una manciata di numeri il fumetto di Cerebus comincia a imbastire saghe sempre più lunghe e complesse, prendendo sul serio quei presupposti alla base del personaggio (compreso il fatto di essere un animale parlante in un mondo popolato da esseri umani) che sembravano essere stati pensati solo per far ridere. Le gag non vengono rinnegate, ma cominciano a essere usate per costruirvi sopra delle trame serie, dai sottotesti filosofici, esistenzialisti, politici e religiosi. E le prime storie, anche quelle più strampalate, anziché far finta che non siano mai avvenute, vengono rilette, reinterpretate e integrate nella continuity, assumendo nuovi significati.
Al link che segue (attenzione: conduce a Tv Tropes, un sito pericoloso, perché una visita si può prolungare per ore, passando di collegamento in collegamento!) viene definito proprio come "Cerebus Syndrome" quel caso in cui un personaggio o un'opera di finzione, nata come leggera e derivativa (e cosa c'è di più "Innocuo" di una parodia one-shot?) si trasforma con il tempo in una serie persino più profonda o più significativa dell'ispirazione di partenza. Segno che l'autore aveva soltanto bisogno di una piccola spinta, di un input iniziale, per cominciare a tirar fuori da sé tutto il proprio potenziale artistico e narrativo. È un effetto che si ritrova, più o meno marcato, in diversi fumetti seriali (si pensi al manga "Dragonball" di Akira Toriyama, che comincia anch'esso come parodia comica della leggenda buddista dello Scimmiotto; o se vogliamo anche al Topolino di Floyd Gottfredsson e al Paperino di Carl Barks, che partono da personaggi quasi monodimensionali, protagonisti di buffi cortometraggi animati, e costruiscono attorno a loro città e mondi interi, rendendoli protagonisti di avventure memorabili) ma che proprio in "Cerebus" prima e in "Rat-Man" poi ha avuto la sua manifestazione più eclatante.
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