Circola ormai parecchio per internet (e sarebbe anche stata saccheggiata da un altro quotidiano) la recensione/stroncatura di Pippo Russo, apparsa originariamente su "L'Unità", del romanzo di Anna Premoli "Ti prego lasciati odiare", scandalosamente vincitore dell'ultimo premio Bancarella nonostante la pessima scrittura e la scarsa cura editoriale (il che dice molto più sul sistema dei premi e sullo stato dell'editoria italiana che non sul libro stesso). La potete leggere integralmente sul blog di Russo, ovvero qui. Ma non posso esimermi da riportarne uno stralcio:
[...] Quest’ultimo passaggio cita un luogo comune fra i più abusati. E su questo piano Premoli è davvero un caso letterario, perché saccheggia la lista delle formule stereotipe lasciandone inutilizzate non più di tre o quattro. Nelle pagine del libro trovate infatti: “bianco come un lenzuolo” (pagina 15); “abbiamo bevuto come spugne” (pagina 18); “non avevo mai fatto male a una mosca” (pagina 24); “si sciolgono come neve al sole” (pagina 31); “puntuale come un orologio svizzero” (pagina 33); “come pesci fuor d’acqua” (pagina 47); “silenzio funereo” (pagina 52); “Mi vergogno come una ladra” (pagina 53); “tesa/o come una corda di violino” (pagine 54 e 71); “ci guardiamo in cagnesco” (pagina 56); “via il dente via il dolore” (pagina 103); “tacco vertiginoso” (pagine 105 e 110); “l’occasione servita su un piatto d’argento” (pagina 118); “Tra le braccia di Morfeo” (pagina 138); “Cosa bolle in pentola” (pagina 160); “dopo aver dormito tutta la notte come un ghiro” (pagina 174); “rossa come un peperone alla griglia” (pagina 229); “c’è del marcio in Danimarca” (pagina 229); “Non mi importa un fico secco” (pagina 242); “religioso silenzio” (pagina 289); “portare acqua al mio mulino” (pagina 290); “noi siamo due elefanti in cristalleria” (pagina 291). Un’altra caratteristica dell’autrice è la refrattarietà al punto di domanda. Ve ne riportiamo solo alcuni esempi, perché i frammenti sono davvero tanti: “E chi può saperlo” (pagina 121); “E io cosa ne so…” (pagina 175); “Cosa c’entra” e “Certo, come no” (entrambi a pagina 235) “Certo, come no” (ripetuto a pagina 241); “a chi vuoi darla a bere” (pagina 259). Ma ciò che davvero fa di “Ti prego lasciati odiare” un caso letterario sono gli strepitosi nonsense. Si parte da pagina 23 con “dopo un anno di lotte di quartiere”, che avrebbe dovuto essere “lotte senza quartiere”. A pagina 98 si legge un tragicomico “per forze di causa maggiore”. Memorabile il frammento a pagina 224: “Al massimo sono inciampata per sbaglio”. E già, perché di norma s’inciampa di proposito. Soprattutto, a pagina 227 c’è un ossimoro che potrebbe essere studiato nelle scuole d’italianistica: “azzardo prudentemente”.
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