sabato 28 gennaio 2012

Moai

Alcune magnifiche foto scattate da mia sorella all’Isola di Pasqua.

sabato 21 gennaio 2012

Letters of note

Adriano mi ha fatto conoscere questo interessante sito che riproduce missive e corrispondenze particolarmente significative di personaggi celebri.

Fra le varie chicche, ci sono lettere di Douglas Adams, Giuseppe Verdi, Stephen Hawking, Albert Einstein, Benjamin Franklin, Kurt Vonnegut, Groucho Marx, Matt Stone, Hunter S. Thompson, Mark Twain, e molti altri.

Un esempio: questa lettera scritta da Raymond Chandler ad Alfred Hitchcock dopo aver visto il film "Delitto per delitto – L'altro uomo" per il quale proprio Chandler aveva scritto una prima bozza di sceneggiatura, scartata dopo che i rapporti fra i due si erano irrimediabilmente deteriorati. Per apprezzare al meglio lo stile sardonico del creatore di Marlowe andrebbe assolutamente letta in inglese, ma ne azzardo qui una traduzione:


6 dicembre 1950

Caro Hitch,

nonostante il tuo vasto e generoso disinteresse per i miei messaggi a proposito del copione de "L’altro uomo" e la tua incapacità di fare un qualsiasi commento su di essi, e nonostante io non abbia ricevuto da te una sola parola da quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura vera e propria – tutte cose per le quali non serbo rancore, dal momento che questo tipo di comportamento sembra far parte dello standard depravato di Hollywood – nonostante tutto questo e nonostante questa frase così contorta, sento di doverti fornire, giusto per la cronaca, qualche commento sulla cosiddetta sceneggiatura finale. Posso capire che tu non abbia apprezzato determinate cose del copione che avevo scritto, ritenendo che questa o quella scena fosse troppo lunga e che questo o quel meccanismo fosse troppo goffo. Posso capire che tu abbia cambiato idea a proposito di cose che avevi espressamente voluto, perché alcuni di questi cambiamenti potrebbero esserti stati imposti dall'alto. Quello che non riesco a capire è perché hai permesso che una sceneggiatura che in fin dei conti aveva una certa vitalità e un certo respiro venisse ridotta a una tale massa flaccida di cliché, con un gruppo di personaggi anonimi e il tipo di dialogo che a ogni sceneggiatore viene insegnato di non scrivere, quel tipo che dice ogni cosa due volte e non lascia nulla di implicito all'attore o alla cinepresa. Certamente avrai avuto le tue ragioni, ma – per usare una frase coniata un tempo da Max Beerbohm – servirebbe “una mente molto meno brillante della mia” per indovinare quali siano state.
A prescindere dal fatto che il mio nome compaia o meno nei titoli sullo schermo, non temo affatto che qualcuno possa pensare che io abbia scritto questa roba. Tutti capiranno benissimo che non l'ho fatto. Non mi sarebbe importato di nulla se tu avessi prodotto una sceneggiatura migliore, credimi. Ma se volevi qualcosa di così scialbo e all'acqua di rose, perché diavolo ti sei preoccupato di venire da me in primo luogo? Che spreco di soldi! Che spreco di tempo! E che io sia stato ben pagato non è una consolazione. Nessuno può essere pagato abbastanza per perdere il proprio tempo.

(firmato, “Raymond Chandler”)

venerdì 20 gennaio 2012

La maggioranza degli Americani

domenica 1 gennaio 2012

Il 2011 al cinema

Quella che si è appena conclusa è stata un'annata cinematografica davvero ottima, come non se ne incontravano da tempo: che dopo un decennio "buio" si cominci a rivedere la luce? Il merito, ovviamente, non è né del 3D (anche se finalmente è arrivato il primo film in cui la tridimensionalità ha una sua ragion d'essere e rappresenta un valore aggiunto: sto parlando dell'ottimo documentario "Pina" di Wim Wenders) né in generale del cinema hollywoodiano o degli effetti speciali, senza idee e in balia di sequel e remake (sono poche, infatti, le pellicole "d'intrattenimento" che hanno lasciato il segno: fra le migliori ricordo "X-Men: l'inizio" di Matthew Vaughn e il primo episodio de "Le avventure di Tintin" di Steven Spielberg, che è anche nettamente il miglior film d'animazione del 2011) bensì, come è giusto che sia, del cinema d'autore. La mia palma personale per il miglior lungometraggio visto sul grande schermo nello scorso anno se la contendono due pellicole: alla fine, mi sento di incoronare "Melancholia" di Lars von Trier, mentre al secondo posto ci metterei "Il cigno nero" di Darren Aronofsky. Altri eccellenti titoli visti nel 2011 sono stati l'iraniano "Una separazione" di Asghar Farhadi, il russo "Faust" di Aleksandr Sokurov e il britannico "Shame" di Steve McQueen (passato al festival di Venezia: nelle nostre sale arriverà a gennaio). Ma la lista dei bei film è particolarmente lunga: da "Hereafter" di Clint Eastwood a "Poetry" di Lee Chang-dong, da "Offside" di Jafar Panahi (del 2006, ma uscito soltanto ora) ad "Atmen" di Karl Marcovics, da "E ora dove andiamo?" di Nadine Labaki (anche questo arriverà nelle nostre sale solo a gennaio 2012) a "Drive" di Nicolas Winding Refn, da "Carnage" di Roman Polanski a "La pelle che abito" di Pedro Almodovar, da "Polisse" di Maïwenn a "Tomboy" di Céline Sciamma, da "Miracolo a Le Havre" di Aki Kaurismaki a "The artist" di Michel Hazanavicius. E personalmente ci aggiungo pure "Ladri di cadaveri" di John Landis! Certo, l'anno ha anche riservato qualche delusione: il cinema italiano, per esempio. Mi aspettavo di più dai film di Nanni Moretti ("Habemus papam") e Paolo Sorrentino ("This must be the place"): non brutti, intendiamoci, ma non all'altezza dei loro lavori precedenti. Quanto alle note dolenti, personalmente boccio senza troppe riserve sia "Il discorso del re" di Tom Hooper che "The tree of life" di Terrence Malick. Ma il film peggiore del 2011 è stato "La sorgente dell'amore" di Radu Mihaileanu. Infine, qualche parola sugli interpreti. L'attore dell'anno per me è stato Michael Fassbender: straordinario in "Shame", ha brillato anche in "X-Men: l'inizio" e "A dangerous method", dimostrando una grande versalità (si tratta di tre ruoli molto diversi l'uno dall'altro). Per la miglior attrice, azzarderei un ex aequo fra Natalie Portman ("Il cigno nero"), Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg (entrambe in "Melancholia").