mercoledì 8 dicembre 2021

Macbeth (La Scala 2021)



Se l'anno scorso l'epidemia di Covid aveva costretto a cancellare la tradizionale "prima" della Scala (sostituendola con un recital a porte chiuse), quest'anno si torna – più o meno – alla normalità. Dopo la "Giovanna d'Arco" (nel 2015) e "Attila" (nel 2018), il direttore Riccardo Chailly completa la sua trilogia di opere giovanili di Verdi sul tema del potere con un "Macbeth" dall'ambientazione contemporanea, anzi quasi futuristica: le scenografie ci immergono infatti un mondo distopico, come quelli del "Metropolis" di Fritz Lang, di "Inception" di Christopher Nolan, o di Gotham City (per non parlare di citazioni come la copertina di "Animals" dei Pink Floyd, con la Battersea Power Station). I personaggi si aggirano fra architetture moderne, grattacieli (anche capovolti!), ciminiere, piattaforme mobili e gabbie di metallo, anche se non mancano elementi "medievali" (le spade, la corona del re). Come sempre, scelte del genere possono lasciare interdetti alcuni spettatori, e infatti proprio il regista Davide Livermore, a fine serata, è stato l'unico a essere fischiato, forse ingenerosamente: è vero che alcune trovate sono parse un po' estemporanee (la moltiplicazione delle streghe) o sopra le righe (il sesso in ascensore!), ma nel complesso ha saputo dare un'identità personale e moderna a una vicenda che può ben definirsi attualissima e fuori dal tempo (dopotutto si tratta di una storia risalente all'XI secolo, scritta da Shakespeare nel 1600, riproposta da Verdi e dal suo librettista Francesco Maria Piave nel 1800, e infine rappresentata nel XXI secolo). Solo applausi invece per gli interpreti (il baritono Luca Salsi, il soprano Anna Netrebko, il basso Ildar Abdrazakov, il tenore Francesco Meli, tutti già habitué del Piermarini) e per un ottimo coro. La versione rappresentata è stata quella "parigina" del 1865, che Verdi aveva arricchito di numerosi balletti (in un terzo atto assai più astratto degli altri, con coreografie di Daniel Ezralow) per andare incontro ai gusti francesi, anche se Chailly ha conservato alcuni brani della versione originale del 1847 (come quello finale di Macbeth, "Mal per me che m'affidai"). Notevole il confronto di alcuni passaggi con altri celebri pezzi verdiani: penso al "brindisi" del secondo atto, ben più minaccioso di quello della Traviata, e soprattutto il coro degli esuli scozzesi "Patria oppressa!" nel quarto, da confrontare con il "Va' pensiero". La trasmissione TV è stata arricchita da filmati, effetti speciali e inserti che, come una sorta di "realtà aumentata", hanno ampliato le scenografie, mostrando cose che gli spettatori in teatro non vedevano: un esempio su tutti, la camminata di Lady Macbeth sul cornicione del grattacielo nella bella scena del sonnambulismo.