martedì 13 settembre 2011

Kafka sulla spiaggia

Di Haruki Murakami (uno dei favoriti, almeno secondo le agenzie che accettano scommesse, per la vittoria del premio Nobel per la letteratura di quest'anno) avevo finora letto con piacere il romantico "Tokyo Blues" (noto anche con il titolo originale, "Norwegian Wood") e il surreale "Dance dance dance". Questo "Kafka sulla spiaggia", romanzo che – fra le altre cose – ha vinto nel 2006 il prestigioso World Fantasy Award, mi è forse piaciuto anche più dei precedenti. C'è chi lo ha definito un thriller metafisico e postmoderno, nel filone del "realismo magico": un affascinante doppio racconto di esplorazione, crescita e conoscenza di sé stessi, sospeso fra sogno e realtà, nel quale il lettore è condotto attraverso due diverse storie (una si dipana nei capitoli pari, l'altra nei capitoli dispari) che scorrono parallele per lungo tempo prima di incontrarsi, o meglio sovrapporsi, a modo loro. Nella prima seguiamo "Kafka" Tamura, quindicenne scappato di casa per sfuggire a una terribile profezia che rievoca quella di Edipo; nella seconda i riflettori sono puntati su Nakata, un bizzarro vecchietto che ha perso gran parte delle proprie facoltà mentali dopo essere rimasto vittima di uno strano incidente quando era bambino, durante la seconda guerra mondiale, acquisendo in cambio la capacità di parlare con i gatti. Entrambi i personaggi raggiungeranno da Tokyo la città di Takamatsu (nello Shikoku, la più piccola delle quattro isole maggiori dell'arcipelago nipponico), dove si trova una piccola biblioteca privata gestita dalla sfuggente signora Saeki. Qui si svolgerà lo scontro finale con forze misteriose "al di là del bene e del male". L'eccezionale stile narrativo di Murakami evoca atmosfere al tempo stesso reali e oniriche, e crea un mondo dove le risposte hanno forse meno importanza delle domande. Ma lo sforzo del lettore nel comprendere e interpretare le vicende che vengono narrate non è mai frustrato, semmai stimolato dall'accumulo di simboli, presagi e sogni che si fondono in maniera originale e convincente con la realtà concreta e palpabile. Grandiosi anche i personaggi di contorno, ottimamente caratterizzati, fra i quali spiccano l'ambiguo bibliotecario Oshima e il simpaticissimo camionista Hoshino. Come al solito con i lavori di Murakami, il romanzo è ricco di riferimenti letterari (a partire dal titolo!), musicali, cinematografici, o semplicemente culturali (basti pensare all'aspetto e al nome – Johnnie Walker, colonnello Sanders – che assumono i "concetti" psichici, buoni e cattivi, con cui i personaggi hanno a che fare).

2 commenti:

Adriano Max ha detto...

Una lettura solare, come il sole che illumina i ragazzi che fanno una gita sul ciglio della collina e al tempo stesso con riflessi e bagliori onirici, talvolta inquieti, metallici come la carlinga di un cacciabombardiere forse intravisto, mai spiegato... impagabile la città al di là del bosco: forse anche Murakami si è fatto influenzare da Miazaki... o forse c'è qualche leggenda giapponese a proposito di cui non sono colto... consigliabilissimo per viaggiare stando fermi.

Ciao,
Adriano.

Christian ha detto...

Ciao Adriano, grazie per i commenti su questi libri così interessanti! ^^
Spesso anche a me capita di cogliere suggestioni e riferimenti che da un libro rimandano a un film, a un fumetto o a un'illustrazione, e mi chiedo se magari ci sia stata qualche influenza (diretta o semplicemente "culturale"). In fondo tutti gli autori sono uomini che vivono sullo stesso pianeta e che si influenzano a vicenda, magari inconsciamente, o forse tramite i sogni (Jung parlava di "inconscio collettivo"...).