mercoledì 7 giugno 2017

Mercurio Loi 1

Nei giorni scorsi è sbarcata nelle edicole una nuova collana a fumetti edita da Sergio Bonelli Editore, con alcune caratteristiche che la distinguono parecchio dalle altre. "Mercurio Loi", creata dall'abile sceneggiatore Alessandro Billotta (il primo numero è disegnato da Matteo Mosca), è ambientata nella Roma dei primi decenni dell'Ottocento, quando la Città Eterna era ancora la capitale del Regno Pontificio, fra intrighi politici e religiosi, misteriose sette esoteriche o carbonare, e sfide intellettuali fra figure che ricordano (in versione teverina) Sherlock Holmes e Moriarty. Il personaggio era già apparso in un numero della collana "Le Storie", il 28 (uscito nel gennaio 2015), e ora diventa protagonista di una serie mensile tutta sua. È il primo caso di "spin-off" che nasce da quella serie antologica (ma non resterà l'unico: è già in programma una collana dedicata ai "samurai" di Recchioni e Accardi). Se l'ambientazione ha sicuramente il suo perché (il setting italiano non è frequentatissimo dagli autori di casa Bonelli: a memoria, ricordo solo la miniserie "Volto Nascosto" di Gianfranco Manfredi e una sequenza di albi del "Martin Mystère" di Alfredo Castelli, oltre naturalmente ad alcuni albi singoli od occasionali di altre collane, antologiche o meno), il vero punto di forza di "Mercurio Loi" sembra già da subito il lavoro di sceneggiatura di Billotta, che dona profondità e una caratterizzazione originale ai vari personaggi, giocando con i cliché del genere ma lanciando al lettore numerosi spunti da approfondire nei numeri a venire. Le copertine sono di Manuele Fior, il cui stile è decisamente poco bonelliano. Una nota sull'uso del colore: da "Orfani" in poi, la quadricromia sembra diventata quasi uno standard per le nuove proposte della casa editrice: forse per aumentarne l'appeal verso i lettori più giovani (o per facilitarne l'esportazione all'estero), o magari per giustificare un prezzo di copertina più alto. In questo caso, però, la scelta mi pare infelice: come l'albo de "Le Storie" aveva dimostrato, il bianco e nero è perfetto per riprodurre gli scenari della Roma del primo Ottocento e le atmosfere ricche di misteri e di intrighi delle vicende raccontate da Billotta. Se non rovina le tavole dei disegnatori (almeno non si tratta di una colorazione "a posteriori", come in altri casi), il colore non vi aggiunge nemmeno nulla e francamente avrei preferito che se ne facesse a meno. Infine, una curiosità: le iniziali del personaggio (M.L.) sono le stesse della proposta della casa editrice che lo ha immediatamente preceduto (Morgan Lost).

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