giovedì 8 dicembre 2016

Madama Butterfly (La Scala 2016)



Era da trentatrè anni che la stagione scaligera non si apriva con Puccini (per la precisione, da una "Turandot" nel 1983). Per l'occasione, il direttore Riccardo Chailly ha deciso di riesumare la primissima versione della "Madama Butterfly", quella che andò in scena proprio alla Scala nel febbraio del 1904, riscontrando un solenne fiasco (probabilmente anche per il clima di ostilità che i rivali del compositore vi avevano montato intorno), al punto che Puccini scelse di rimaneggiare pesantemente la partitura. Tre mesi più tardi, a Brescia, l'opera si ripresentò con diverse modifiche, nella versione entrata poi in repertorio, e fu un trionfo. Le principali differenze con la versione definitiva consistono in alcuni momenti del primo atto, protagonisti i parenti di Cio-cio-san (in particolare il "buffo" zio Yakusidé, scroccone e ubriaco, che con la sua comicità fa da contraltare alla terribile solennità dello zio Bonzo che apparirà poco più tardi); nell'unificazione del secondo e del terzo atto in un continuum (per oltre un'ora e mezza di musica, cosa cui gli spettatori italiani di inizio novecento non erano forse abituati); e per una rappresentazione di Pinkerton come personaggio ancora più insensibile, razzista (chiama "musi" i giapponesi, irride la loro cucina), cinico e vigliacco (manca la romanza "Addio, fiorito asil"). Nel complesso, la versione originale appare più densa, complessa, drammatica e commovente. E sia l'orchestra di Chailly sia i cantanti – a cominciare dalla protagonista Maria José Siri; molto bene anche Annalisa Stroppa (Suzuki) e Carlos Alvarez (Sharpless), qualche dubbio su Bryan Hymel (Pinkerton) – le hanno reso giustizia. Ma le lodi non devono essere limitate all'aspetto filologico e a quello musicale. Il nuovo allestimento (la regia è del lettone Alvis Hermanis) si è dimostrato elegante e rispettoso, e ha saputo coniugare le esigenze del teatro moderno (più piani di recitazione, inserti video, luci scenografiche ed emozionali) con le suggestioni del Giappone di inizio secolo, senza tradire né l'ambientazione originale né le aspettative di chi si attendeva "qualcosa di nuovo". Una delle migliori prime della Scala degli ultimi anni!


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