giovedì 3 novembre 2016

Le nozze di Figaro (La Scala 2016)



Che il paragone con lo storico allestimento di Giorgio Strehler sarebbe stato difficile da reggere, già si sapeva. Ma la nuova produzione de "Le nozze di Figaro" di Mozart, in scena in questi giorni alla Scala (con diretta televisiva ieri sera della terza rappresentazione), non sembra aver incontrato i favori del pubblico, che si è mostrato abbastanza freddino, contestando esplicitamente la regia e la direzione d'orchestra, soprattutto dopo i primi due atti, e riservando gli applausi soltanto per i cantanti. La regia del giovane Frederic Wake-Walker è sembrata troppo confusa, un "mischione" di stili e di suggestioni talmente diverse fra di loro da risultare, alla fine, priva di una vera identità. L'idea era quella di sottolineare al massimo la "teatralità" della vicenda: ecco dunque apparire in scena suggeritori e comparse che si muovono dietro le quinte, costringere i personaggi a pose e movimenti parodistici, imbastire gag più adatte a un Rossini che a Mozart (particolarmente ridicolizzato è il personaggio del Conte, spogliato di ogni dignità, che si rotola sul letto e si dimentica le battute), banalizzando l'insieme anziché aggiungervi un ulteriore strato di profondità. Ogni atto sembra sfoggiare uno stile diverso dal precedente, tanto nei costumi quanto nelle scenografie: si passa da una casa in costruzione, con le impalcature a vista, alla camera tipicamente settecentesca della Contessa, poi imbiancata e trasformata in un fondale astratto. E non parliamo delle trovate coreografiche: Figaro monta un lettino seguendo le istruzioni dell'Ikea, il "Farfallone amoroso" ha come scorta una marcia di segretarie impettite, il gabinetto della Contessa è un armadio, Cherubino si nasconde sotto la gonna di Susanna, sia il Conte che Figaro cantano le rispettive arie con la presenza in scena – a mo' di simulacro – del rivale cui sono rivolte (un'idea, quest'ultima, che in fondo ha il suo perché). Certe grida dal Loggione sono parse esagerate: dopo tutto lo spettacolo è abbastanza innocuo e non particolarmente scandaloso (in passato, in altri teatri europei, si è visto ben di peggio), a parte alcune allusioni sessuali durante le avances di Figaro alla finta Contessa. Il vero problema è che stilisticamente si salta troppo di palo in frasca, lasciando lo spettatore a chiedersi che tipo di allestimento ha visto, né d'epoca né del tutto moderno. Si salvano, come dicevo, i cantanti. Ovazione, in particolare, per Diana Damrau (la Contessa) dopo la grande aria "Dove sono", ma bene anche Carlos Álvarez (il Conte, che in alcune serate sarà sostituito da Simon Keenlyside), Markus Werba (Figaro) e Golda Schultz (Susanna). Non eccelsa la sintonia con la direzione di Franz Welser-Möst, a tratti priva di brio.

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