giovedì 3 settembre 2009

Monster

Dopo aver scoperto il mangaka Naoki Urasawa con l'eccezionale "20th Century Boys" (anzi, riscoperto, visto che tempo addietro avevo già letto qualche volumetto di "Pineapple Army" e di "Yawara!"), quest'estate mi sono gustato "Monster", la sua opera immediatamente precedente a quella dei ragazzi del ventesimo secolo. Si tratta di un thriller avvincente e tesissimo, tutto incentrato sul tema dell'identità, oltre che su quello – più abusato – delle origini del male. Caratterizzato da un'ambientazione insolita per un manga (si svolge tutto in Germania e a Praga), ha i suoi punti di forza ancora una volta nell'ottima caratterizzazione psicologica dei personaggi e in un mistero che si dipana lentamente, pagina dopo pagina, fino al colpo di scena finale. Raccolto in diciotto volumi, il manga non ha un attimo di pausa dall'inizio alla fine: durante la lettura mi sono imposto il limite di un solo volumetto al giorno per non "bruciarmelo" troppo velocemente, visto che – come anche per "20th Century Boys" – la tentazione di andare avanti per scoprire gli sviluppi della vicenda era spesso fortissima. Quanto sia avvincente lo dimostra il fatto che se lo è divorato in pochi giorni persino mia madre, che normalmente non legge fumetti e che prima d'ora non aveva mai preso in mano un manga, per di più con il senso di lettura originale (da destra a sinistra).
Il protagonista è un neurochirurgo sconvolto dai sensi di colpa perché un bambino che aveva operato dieci anni prima, salvandogli la vita, è diventato uno spietato serial killer. Naturalmente la vicenda non è tutta qui, visto che ai due personaggi principali se ne aggiungono numerosi altri (una delle caratteristiche che più mi piacciono di Urasawa è la capacità di prendere un personaggio secondario e di approfondirlo significativamente, rendendolo protagonista di importanti spezzoni di trama) e che molti misteri circondano la nascita e la personalità del "cattivo".
L'edizione italiana, nel complesso, è buona, anche a livello di traduzione, mentre la cura editoriale lascia un po' a desiderare. Qualche traslitterazione dal tedesco è errata o incoerente, e un paio di balloon nei volumetti conclusivi sono invertiti. Il fumetto è stato trasposto in animazione in una serie di ben 74 episodi che, a questo punto, proverò a procurarmi, anche perché alcuni amici me ne hanno parlato molto bene.

4 commenti:

Nicolai Hel ha detto...

Molto bello, l'ho divorato in tre giorni...ma anche molto deludente nel finale. Tralaltro quale sarebbe il colpo di scena finale? Non credo quanto emerge nell'ultimo capitolo... E come se l'autore preparasse continuamente il lettore a qualcosa di apocalittico che poi, però, non si materializza mai (in fin dei conti cosa sono un pò di morti quando si è al cospetto del...Male?).
Boh...In fin dei conti il finale era il punto debole anche di 20th Century Boys.
Biss Dann.

Christian ha detto...

È normale che opere così intense possano deludere quando nel finale c'è una risoluzione e la tensione si scioglie. A me comunque non è capitato, anche se riconosco che alla resa dei conti la malvagità di Johan si rivela meno "universale" e apocalittica di quanto ci si poteva immaginare. Ma il pregio del manga (e anche di 20th Century Boys) sta appunto soprattutto nella costruzione della tensione. Forse quelli di Urasawa sono addirittura manga più belli mentre li si sta leggendo che a lettura terminata. E comunque resta la cura nella caratterizzazione dei personaggi e dell'ambientazione, sicuramente superiore alla media.

Riguardo ai colpi di scena, pensavo per esempio alla rivelazione dell'identità del bambino presente nella Villa delle Rose: purtroppo nell'edizione italiana questa è "telefonata", perché in italiano gli aggettivi (al maschile o al femminile) suggeriscono già tutto con largo anticipo, mentre in giapponese gli ospiti della villa si riferiscono al bambino usando un termine neutro (come Kind in tedesco) che lascia l'ambiguità fino all'ultimo momento.

Marisa ha detto...

Non so se hai notato,ma il dottor Bonaparta, personaggio tuttaltro che secondario perchè in fondo è il vero "Deus ex machina"è stato preso totalmente,come immagine iconografica, da una foto di Sigmund Freud. Il nome poi è quello addirittura di Napoleone.Più significativo di così?
Non c'è male come delirio di onnipontenza!

Christian ha detto...

Non ci avevo fatto caso, ma è vero: soprattutto da vecchio (con la barba), Bonaparta è davvero simile a Freud!