martedì 10 settembre 2013

Ti prego, lasciati mandare al macero

Circola ormai parecchio per internet (e sarebbe anche stata saccheggiata da un altro quotidiano) la recensione/stroncatura di Pippo Russo, apparsa originariamente su "L'Unità", del romanzo di Anna Premoli "Ti prego lasciati odiare", scandalosamente vincitore dell'ultimo premio Bancarella nonostante la pessima scrittura e la scarsa cura editoriale (il che dice molto più sul sistema dei premi e sullo stato dell'editoria italiana che non sul libro stesso). La potete leggere integralmente sul blog di Russo, ovvero qui. Ma non posso esimermi da riportarne uno stralcio:

[...] Quest’ultimo passaggio cita un luogo comune fra i più abusati. E su questo piano Premoli è davvero un caso letterario, perché saccheggia la lista delle formule stereotipe lasciandone inutilizzate non più di tre o quattro. Nelle pagine del libro trovate infatti: “bianco come un lenzuolo” (pagina 15); “abbiamo bevuto come spugne” (pagina 18); “non avevo mai fatto male a una mosca” (pagina 24); “si sciolgono come neve al sole” (pagina 31); “puntuale come un orologio svizzero” (pagina 33); “come pesci fuor d’acqua” (pagina 47); “silenzio funereo” (pagina 52); “Mi vergogno come una ladra” (pagina 53); “tesa/o come una corda di violino” (pagine 54 e 71); “ci guardiamo in cagnesco” (pagina 56); “via il dente via il dolore” (pagina 103); “tacco vertiginoso” (pagine 105 e 110); “l’occasione servita su un piatto d’argento” (pagina 118); “Tra le braccia di Morfeo” (pagina 138); “Cosa bolle in pentola” (pagina 160); “dopo aver dormito tutta la notte come un ghiro” (pagina 174); “rossa come un peperone alla griglia” (pagina 229); “c’è del marcio in Danimarca” (pagina 229); “Non mi importa un fico secco” (pagina 242); “religioso silenzio” (pagina 289); “portare acqua al mio mulino” (pagina 290); “noi siamo due elefanti in cristalleria” (pagina 291). Un’altra caratteristica dell’autrice è la refrattarietà al punto di domanda. Ve ne riportiamo solo alcuni esempi, perché i frammenti sono davvero tanti: “E chi può saperlo” (pagina 121); “E io cosa ne so…” (pagina 175); “Cosa c’entra” e “Certo, come no” (entrambi a pagina 235) “Certo, come no” (ripetuto a pagina 241); “a chi vuoi darla a bere” (pagina 259). Ma ciò che davvero fa di “Ti prego lasciati odiare” un caso letterario sono gli strepitosi nonsense. Si parte da pagina 23 con “dopo un anno di lotte di quartiere”, che avrebbe dovuto essere “lotte senza quartiere”. A pagina 98 si legge un tragicomico “per forze di causa maggiore”. Memorabile il frammento a pagina 224: “Al massimo sono inciampata per sbaglio”. E già, perché di norma s’inciampa di proposito. Soprattutto, a pagina 227 c’è un ossimoro che potrebbe essere studiato nelle scuole d’italianistica: “azzardo prudentemente”.

sabato 7 settembre 2013

Cortocircuiti cine-musicali 4

Torna la rubrica che mette in luce strani collegamenti nel mondo della musica e del cinema.

Da Borodin ai videogiochi giapponesi
(passando per "Kismet" e Mina)


Stavolta partiamo dalle "danze polovesiane" del compositore russo Alexander Borodin, tratte dall'opera "Il principe Igor" del 1890 (i Polovesi, o Polovici, erano una popolazione nomade della Turchia, noti anche come Cumani). L'opera, rimasta incompiuta alla morte di Borodin, fu completata nell'orchestrazione da Nikolai Rimsky-Korsakov e Alexander Glazunov. Nella clip qui sotto, ecco le danze nella versione diretta da Valery Gergiev con le coreografie classiche di Mikhail Fokine:


Già nel 1939, Paul Whiteman (colui che commissionò la "Rapsodia in blu" a Gershwin) si ispirò alla seconda danza, quella delle fanciulle, per comporre una canzone che riscosse un certo successo, intitolata "My Fantasy". Eccola nella versione cantata da Pauline Byrne, con l'orchestra di Artie Shaw, eseguita nel 1940:


Nel 1953, Robert Wright e George Forrest "saccheggiarono" a loro volta le melodie di Borodin per realizzare un musical di Broadway, "Kismet". Il brano più famoso del musical, "Stranger in Paradise", è basato proprio sulla danza delle fanciulle polovesiane. Questo è l'adattamento hollywoodiano del 1955 diretto da Vincente Minelli, intitolato in italiano "Uno straniero fra gli angeli" (il cantante è Vic Damone, lei è Ann Blyth).


Questa invece è la versione più popolare della canzone, quella interpretata da Tony Bennett (fra le altre celebri cover sono da ricordare quelle di Bing Crosby, Tony Martin e Four Aces):


"Stranger in Paradise" (oltre a dare il titolo a un racconto di Isaac Asimov e a un fumetto di Terry Moore) è stata rifatta mille volte, per esempio da Sarah Brightman:



o da Mina, che ne accennò un spezzone durante lo spettacolo "Milleluci", nel 1974:



Ma l'uso più assurdo che ne è stato fatto è quello di background music nel videogioco giapponese "Jikkyō Oshaberi Parodius":