lunedì 28 gennaio 2008

Tutto Barks

Oggi è stato distribuito gratuitamente con il Corriere della Sera il primo volume di una collana di brossurati (di 200 pagine l'uno) dal titolo "La grande dinastia dei paperi", sottotitolo "Le più belle storie Disney di tutti i tempi". Ma si tratta di ben più di una semplice raccolta di storie generiche come suggerisce il titolo: è la ristampa, integrale e cronologica, di tutte le opere di Carl Barks, il più grande fumettista di tutti i tempi. La martellante pubblicità (dell'agenzia Armando Testa) su stampa e tv negli ultimi giorni, naturalmente, non faceva cenno di tutto ciò: per pubblicizzare l'iniziativa utilizzava addirittura immagini non di Barks, ma di un simil-Taliaferro. È come se una collana integrale (e inedita) dei racconti di Cechov fosse stata annunciata con il titolo "Le migliori storie della letteratura russa" e con un'immagine di Dostoevsky!

Il timore di allontanare gli eventuali curiosi, oltre che con un titolo della collana che non menziona Barks né in copertina (eccettuata una firmetta) né sulla costa, si sconta anche con la scelta di cominciare la pubblicazione con le storie degli anni cinquanta (quelle degli anni quaranta, che verranno recuperate a fine opera, avrebbero forse allontanato i lettori?). L'anno 1950 è comunque segnato sulla costa, il che consentirà di rimettere i volumi in ordine cronologico una volta completata la collana. Per fortuna, copertina a parte, l'interno del volume è ottimo, grazie anche ai testi introduttivi di Luca Boschi e Alberto Becattini. Traduzioni e lettering (di Diego Ceresa) dovrebbero essere quelli di Zio Paperone. Non sono troppo convinto della stampa, invece: mi sembra che i neri siano un po' impastati. In ogni caso si tratta di una collana da non perdere, anche per chi come me queste storie le ha già lette tutte! I volumi successivi costeranno 7,90 euro più il quotidiano: un prezzo in fondo non così basso, vista la tiratura certamente più alta rispetto per esempio a un Maestri Disney. Ma la bellezza delle storie, naturalmente, lo vale tutto.

domenica 27 gennaio 2008

Mythèon, episodio 5

Dal quinto capitolo di Mythèon il contributo degli altri disegnatori aumenta preponderatamente. Matt ha disegnato la prima e la sesta tavola (creando graficamente il robottone, che mi sono ritrovato sulla pagina senza averlo preventivato), Max l'intera sequenza delle tavole 7-12, facendo un lavoro così buono da guadagnarsi l'incarico di realizzare interamente il successivo sesto episodio. Questo capitolo è comunque fondamentale, sia perché introduce appunto i robottoni che ci terranno compagnia fino al termine della vicenda, sia perché porta finalmente allo scoperto uno dei "cattivi", anche se le sue reali intenzioni rimarranno un mistero ancora per molte pagine. Personalmente si tratta del mio episodio preferito insieme al settimo. Spero che piaccia anche a voi!

giovedì 24 gennaio 2008

L'ultimo teorema di Fermat

Questo interessantissimo libro di Simon Singh, autore anche di un documentario della BBC sull'argomento, racconta la storia del teorema matematico più famoso di tutti i tempi, il primo la cui dimostrazione ha attirato l'attenzione dei media e riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Il testo, avvincente come un romanzo, copre oltre due millenni di storia, visto che comincia da Pitagora e finisce con Andrew Wiles, l'uomo che finalmente, trecentocinquanta anni dopo Fermat, ha risolto l'enigma quando ormai molti cominciavano a dubitare che fosse possibile.

Nel 1637 l'avvocato e matematico francese Pierre de Fermat stava leggendo una copia dell'Arithmetica di Diofanto, uno dei più celebri testi greci sull'algebra e la teoria dei numeri. Sulla pagina che spiegava come esistessero infinite terne pitagoriche, ossia terne di numeri interi a, b e c (come 3, 4 e 5, oppure 5, 12 e 13) che soddisfano l'equazione di Pitagora

a2+b2 = c2,

Fermat scrisse di proprio pugno una nota a margine che diceva, più o meno, che non esiste invece nessuna soluzione se si sostituisce l'esponente con un qualsiasi altro numero maggiore di due. Vale a dire, che non esistono tre numeri interi a, b e c che soddisfano l'equazione

an+bn = cn con n>2.

Aggiunse poi una frase che avrebbe tormentato generazioni di matematici per gli anni a venire: "Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di ciò, ma questo margine è troppo stretto per contenerla" (in latino: "Cuius rei demonstrationem mirabilem sane detexi. Hanc marginis exiguitas non caperet").

Fermat non aveva molti contatti con altri matematici suoi contemporanei, a parte qualche scambio di lettere con Mersenne e Pascal, e non pubblicava mai i suoi risultati. Spesso enunciava teoremi senza fornirne la dimostrazione, anche se in seguito quasi tutte le sue affermazioni si sono rivelate esatte. L'unica che dopo la sua morte rimaneva ancora da dimostrare era proprio quella che è passata alla storia con il nome di "Ultimo Teorema di Fermat" (anche se, a rigor di termini, non era un teorema ma una semplice congettura).

La sfida al teorema impegnò le menti dei più grandi matematici del settecento, dell'ottocento e del novecento. Dopo tutto, l'enunciato è così semplice da essere capito anche da un bambino, e non sembrava possibile che la dimostrazione fosse invece tanto complicata (soprattutto dopo che Fermat aveva affermato che era "meravigliosa"). Nel 1908 un ricco industriale tedesco offrì addirittura un premio di centomila marchi (che corrispondevano a oltre un milione di euro di oggi) a chi avrebbe trovato una dimostrazione oppure fornito un controesempio (provando cioè che Fermat si sbagliava, e che esistono tre numeri interi che soddisfano l'equazione). I tentativi di dimostrazione furono così numerosi (e naturalmente tutti errati) che il direttore del dipartimento di matematica dell'università di Gottinga, al quale spettava il loro controllo, aveva fatto prestampare dei biglietti che recitavano "Gentile signore, grazie per il suo manoscritto sulla dimostrazione dell'Ultimo Teorema di Fermat. Il primo errore si trova alla pagina ____, riga ____. Questo invalida la dimostrazione".

Il libro di Singh ripercorre i tre secoli di tentativi e in particolare racconta la vicenda di Andrew Wiles, il matematico americano che nel 1995 arrivò finalmente a dimostrare quello che è stato probabilmente il teorema più studiato nella storia della matematica. Anche la storia della dimostrazione di Wiles è interessante: una prima versione, annunciata nel 1993 fra l'entusiasmo della comunità scientifica, si dimostrò parzialmente errata, e Wiles dovette lavorare un altro anno per "tappare il buco". Naturalmente riscosse il famoso premio di Gottinga, che però nel frattempo si era svalutato a "soli" quarantamila euro.

La dimostrazione di Wiles (qui in PDF) è lunga oltre un centinaio di pagine e utilizza strumenti matematici complicatissimi che sono stati elaborati soltanto nel ventesimo secolo (come la congettura di Taniyama-Shimura sulle curve ellittiche). Sicuramente non si tratta, dunque, della dimostrazione "meravigliosa" che aveva in mente Fermat. Alcuni ritengono che il matematico francese, per una volta, si fosse sbagliato, e che anche la sua dimostrazione fosse difettosa. Non avendola annunciata in pubblico ma menzionata solo in un'annotazione privata, non sentì mai il bisogno di pubblicare una smentita.

sabato 5 gennaio 2008

Mythèon, episodio 4

C'è poco da dire su questo quarto capitolo (online come gli altri su mazzate.com), che è abbastanza interlocutorio. Dalla fine del precedente episodio è passato qualche tempo, ma la vera trama deve ancora decollare. Rileggendo Mythèon, ho notato come i capitoli dispari siano i più interessanti, quelli che portano avanti la vicenda, mentre i capitoli pari sembrano quasi "di passaggio". L'ultima vignetta dell'ultima pagina è disegnata da Matt.

martedì 1 gennaio 2008

Il 2007 al cinema

Qual è stato il film film più bello che ho visto al cinema nell'anno appena concluso? Senza ombra di dubbio, il cartoon Pixar "Ratatouille", che si aggiudica per il momento il mio Oscar di Xian (il premio, altamente volatile perché continuamente soggetto a possibili variazioni future, che attribuisco al miglior film di ogni annata). L'anno precedente, per esempio, questo riconoscimento era andato a "The prestige" di Christopher Nolan. Altre pellicole memorabili di questo 2007 (non proprio entusiasmante, a dire il vero) sono state, a mio personale giudizio, "Ai confini del paradiso" di Fatih Akin (il regista de "La sposa turca"); "Nightwatching" di Peter Greenaway, uno dei suoi migliori film recenti; il thriller poliziesco "Zodiac" dell'altalenante David Fincher; il solido "La promessa dell'assassino" di David Cronenberg; l'intenso "Paranoid Park" di Gus Van Sant; "Angel", il feuilletton di François Ozon; il bel cartoon politico "Persepolis" di Marjane Satrapi; i fantasy "Stardust" di Matthew Vaughn e "Un ponte per Terabithia" di Gabor Csupo; i vincitori di festival "Lussuria" di Ang Lee e "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni" del rumeno Cristian Mungiu; e le sorprese "Vidange perdue" del belga Geoffrey Enthoven e "Caramel" della libanese Nadine Labaki. Per il film più brutto dell'anno, invece, non c'è assolutamente partita: è l'inguardabile, pretenzioso, inutile e post-moderno "Io non sono qui" di Todd Haynes. La delusione maggiore è stata infine quella di "Grindhouse – A prova di morte", finora il peggior film di Tarantino.